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IL CASO/ Ci sono donne che confezionano i Kinder Ferrero a cinque euro all’ora

Le dipendenti di una cooperativa di Castagnito, acquisita da Proteco srl, si affidano al sindacato Usb per migliorare il salario e le loro condizioni di lavoro

IL CASO/ Cinque euro all'ora per confezionare gli ovetti Kinder
Un'assemblea sindacale alla Gtpm

ALBA Le sorprese degli ovetti Kinder arrivano in grandi scatoloni dalla Cina. Ci sono mani sapienti e delicate, femminili, molto spesso di donne immigrate, che selezionano i pezzi dell’involucro di plastica rigida che sarà poi inserito nel cioccolato al latte della felicità made in Alba, tanto amato dai bambini di tutto il mondo. Le mani sono di Amina, Zoe, Mercedes, Andreana, Irina. Alcune arrivano da Paesi lontani e nell’Albese trovano un’occupazione che bene o male consente loro di portare a casa uno stipendio: mille, milleduecento euro al mese, ma solo se riescono a lavorare senza interruzioni.

IL CASO/ Cinque euro all'ora per confezionare gli ovetti Kinder 1Quelle donne, tra le quali non mancano le italiane, vengono remunerate 5 euro l’ora nette circa stando ai sindacati, e forse nemmeno sanno che nella grande fabbrica di Alba ci sono addetti che operano nel medesimo settore, svolgendo compiti analoghi ma guadagnando ben di più. Parecchie si districano a malapena con la lingua, non sono avvezze a parlare di diritti, vivono lontane dalla ribalta che porta persone e denaro sulle colline targate Unesco. Eppure sono quelle mani a preparare per la vendita molti prodotti della multinazionale di casa che da trent’anni ha esternalizzato il confezionamento, come afferma il sindacato Usb. Per quest’ultimo i cioccolatini, le uova di Pasqua, i Rocher come i Raffaello o gli ovetti Kinder vengono trattati per l’inscatolamento da lavoratrici e addetti “esterni”.

Qual è il problema? In questo passaggio, secondo Vincenzo Lauricella, dell’Unione sindacale di base (Usb), si comprimono il costo del lavoro e i diritti. Gli uomini e le donne che confezionano per Ferrero vengono pagati molto meno rispetto alla pur modesta proposta di salario minimo nostrano e nemmeno alla stregua dei migranti che coltivano le colline del Barolo, magari grazie ai caporali. Una situazione esplosiva, quella degli stranieri, per una terra benedetta, distintasi per una crescita economica capace di portare avanti quasi tutti e che ora rischia di piombare sotto i riflettori per non aver vigilato sulle storture di un mercato in mano a pochi disonesti.

Lauricella: «Le lavoratrici hanno avuto il coraggio di evidenziare una situazione lunga 30 anni»

Noi parliamo di confezionamento esterno per Ferrero in una lunga intervista con Vincenzo Lauricella, dirigente sindacale e membro del Coordinamento nazionale lavoro privato dell’Usb, al quale si sono rivolte una quarantina di donne che lavorano in una cooperativa dell’Albese. Da oltre 10 anni organizza vertenze in Italia per il contrasto del lavoro sottopagato, «riportando molte vittorie, fondamentali per la tutela dei diritti dei lavoratori e l’applicazione di adeguate retribuzioni».

Che cosa sta succedendo alla cooperativa Gtpm di Castagnito, Lauricella? È vero che l’Usb sta seguendo lavoratrici che protestano per salari incongrui?

«Quanto accade, ormai da molti anni, all’interno della cooperativa Gtpm lo riscontriamo con frequenza nei servizi in appalto: si riduce il costo del lavoro, si comprimono i diritti e si lede la dignità. I dipendenti della cooperativa, che svolge il servizio di confezionamento dei prodotti per Ferrero, subiscono una contrattazione al ribasso rispetto ai colleghi alle dipendenze della società appaltante. Al nostro sindacato si sono rivolte lavoratrici che hanno avuto il coraggio di rompere il silenzio e denunciare la situazione che si ripete negli appalti della multinazionale. Le condizioni economiche, caratterizzate da rapporti a tempo parziale, con l’utilizzo di dubbie pattuizioni sindacali, prevedono retribuzioni di circa cinque euro netti, una paga insufficiente per un’esistenza dignitosa. Peraltro, l’organizzazione del lavoro impone anche alcuni mesi di sospensione della prestazione durante i quali, pur risultando assunte, le addette di cui stiamo parlando non percepiscono alcun salario. Praticamente, sono lavoratrici “a chiamata” pur non essendolo affatto formalmente».

Un modus operandi consolidato: Ferrero esternalizza da circa 30 anni 

IL CASO/ Cinque euro all'ora per confezionare gli ovetti Kinder 2
Vincenzo Lauricella del sindacato Ysm

Di quali lavorazioni si occupa la Gtpm, Lauricella?

«La cooperativa Gtpm, che dal 1° maggio scorso ha ceduto il ramo d’azienda alla società Proteco Srl, si occupa di tutte le operazioni di confezionamento dei prodotti dolciari. I prodotti alimentari (cioccolatini di vario genere, uova di Pasqua, ovetti) arrivano nella sede di Castagnito, poi, attraverso un sistema misto robotizzato-manuale vengono collocati all’interno delle confezioni che una volta predisposte e finalizzate sono pronte per la spedizione verso la grande distribuzione».

Quindi, per conto di chi opera l’ex Gtpm, oggi Proteco?
«Le lavorazioni avvengono esclusivamente per conto della multinazionale Ferrero che da circa trent’anni ha esternalizzato il servizio alle cooperative per mezzo del sistema degli appalti».

Esistono altre cooperative in provincia di Cuneo che agiscono con queste modalità? Da quanto tempo?

«Il servizio di confezionamento dei prodotti agroalimentari è molto sviluppato in provincia di Cuneo, anche in considerazione del settore economico prevalente sul territorio. Basti pensare che nella Granda operano ben 1.400 aziende agroalimentari con un totale di circa ottomila dipendenti. Le imprese del confezionamento di questi prodotti, anche in forma di cooperativa, sono 18 e occupano all’incirca tremila addetti».

Il nodo del contratto applicato: che cosa non va

Com’è possibile che gli altri sindacati non abbiano reagito alle condizioni da voi denunciate nell’Albese?

«I sindacati Cgil, Cisl e Uil non hanno reagito, e temo non lo faranno nemmeno in futuro, poiché sono corresponsabili di queste condizioni economico-contrattuali, che pesano sul settore in questa provincia. Le condizioni contrattuali e le retribuzioni sono state determinate, per il Cuneese, da una contrattazione territoriale. In altri termini, i rapporti di lavoro del personale addetto al confezionamento e impiegato nelle imprese non sono regolamentati da un contratto collettivo nazionale, ma da un accordo legato al territorio (Cpl). Nel settembre 2011, le associazioni datoriali e i tre sindacati hanno concordato l’applicazione di un accordo provinciale in attesa della determinazione, a livello nazionale, di un contratto nazionale compatibile e applicabile a questo comparto. In realtà, è già esistentIoe cioè il contratto applicato dalla multinazionale ai propri dipendenti: agroalimentare industria».

Perché non si applica questa contrattazione?

I sindacati e i datori di lavoro, escludendo questo contratto, perché poco conveniente alla grande impresa (non troviamo altra motivazione plausibile) hanno firmato un Cpl valido per le aziende di confezionamento della provincia di Cuneo. A questa discutibile soluzione i tre sindacati e le rappresentanze datoriali hanno deciso di affiancare la sottoscrizione di un ulteriore contratto di livello aziendale per disciplinare (e derogare) materie quali la stagionalità e la banca delle ore. Con questa soluzione sono riusciti a creare un groviglio contrattuale che poco tutela i lavoratori. Hanno messo a punto, addirittura, un contratto a tempo pieno e indeterminato, ma con sospensione dell’attività lavorativa e della retribuzione per 3-4 mesi l’anno. Questo regalo alle imprese ha prodotto una distorsione della normativa che si è tradotta anche nel mancato versamento e accredito dei contributi previdenziali per tutti i mesi interessati dall’anomala sospensione. Un disastro per i lavoratori in termini di retribuzione diretta e indiretta».

Maria Grazia Olivero 

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